Nella produzione artistica di Margherita Biondi c’è un tratto che anima tutti i suoi soggetti, indipendentemente dal fatto che si tratti di fiori, di un paesaggio o di esseri umani che percorrono spensierati una strada di campagna a bordo di un “vespone”: è l’autorevolezza. Infatti, il piglio con cui la Biondi trasferisce la propria visione del mondo sulla tela risulta una mediazione tra i precetti della sua arte, che ben conosce, e una narrazione cui affida, anche qui a prescindere dal soggetto, la sua “militanza” nella pittura, quella solida dove si inizia con l’obbedire e, semmai, esaltare, i dogmi essenziali, lasciando poi allo spettatore cogliere il significato, intimo e fortemente introspettivo, di quello che vede, fino a comprendere che quei fiori gialli, disposti secondo l’armonia della natura, e quella tenera creatura che transita in primo piano, sono ben altro che un esercizio di stile prospettico e coloristico, ma rappresentano la vita con il suo groviglio di emozioni, di dolori, di forza. 

Margherita Biondi ci racconta una possibilità. Questo è. Ed è un doppio: la bellezza del creato, intesa come rifugio dell’anima, e la bellezza dell’arte, intesa come nutrimento della mente e dello spirito. (...) 

 C’è nelle opere di questa artista - come notano i tanti critici che si sono occupati della sua arte - uno sguardo poetico, quasi un riandare con la memoria a quella purezza incantata dell’infanzia, ma, e si torna lì, tutto questo assume il suo esatto valore solo se ne comprendiamo il ruolo di antitesi. Questa rappresentazione, a tratti tipicamente impressionista, va intesa come una sonda che scandaglia nell’interiorità della pittrice, e l’esigenza di restare all’interno di una serena e fidata esposizione non è altro che un passaggio per, poi, dire altro e giungere al cuore della faccenda. Margherita Biondi conosce il paesaggio toscano, lo abita, ci si confronta la versione che ne offre è molto personale; suoi sono gli azzurri del cielo, il verde del fogliame, suo il punto di osservazione, sempre inedito, mai invadente. Nella pennellata si avverte ora la volontà di una raffigurazione tranquilla, quasi inerme, altre volte, invece, l’urgenza di non perdere l’attimo, quella impressione che sfugge e va rincorsa e infilata perché non vada dispersa. 

Pittrice di lungo corso - «Ho sempre avuto i colori in mano» dichiara -, anche nel suo lavoro d’insegnante si è data da fare per trasmettere ai suoi allievi l’amore per l’arte. Poi la carriera artistica, fatta di tante esposizioni e altrettanti riconoscimenti. 

di Jacopo Chiostri